Aqaba
Lontana da Petra, la discesa all'inferno
27.04.2014 - 28.04.2014
35 °C
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Lungo il Giordano
on Marina_Calypso's travel map.
L'aria mi sembra si sia fermata da un pezzo mentre attraverso la strada che taglia in due le montagne rocciose, tra il deserto di Wadi Rum e la città di Aqaba, sul Mar Rosso. È una lenta discesa negli inferi questo viaggio verso sud, dove il caldo si fa sempre più opprimente e quell'Occidente benestante, che avevo quasi dimenticato, si fa di nuovo presente in una grottesca imitazione, fatta di hotel a cinque stelle e solari ad alta protezione per le poche pelli che questa civiltà consente di scoprire, in una vanità normalmente assente o fatta di gesti più intimi, privati e tesi. I turisti passeggiano sprezzanti nei confronti di tradizioni, sguardi indiscreti e consuetudini altrui calpestate, con l'opulenza ben in vista, parei sgargianti, occhiali da sole e cappelli di paglia.
Sento ancora più forte la nostalgia dei beduini. Ricordo Mahmud mentre mi tiene le palpebre strette fra le sue dita di polvere. Mi parla a un soffio dal viso, mentre le sue mani disegnano i miei occhi di nero. Mi dice che sarò beduina anch'io e non avrò bisogno di altro per proteggermi dal sole e dal vento. La polvere nera con la quale mi ha resa una donna della sua tribù mi proteggerà dalla sabbia del deserto, e il velo scuro con il quale mi accarezza il volto, terrà lontano il calore e gli sguardi del desiderio.
"Una donna ha più fascino quanto meno mostra di sé" mi dice. I beduini Fakir annuiscono. Quando hai visto troppo, tutto, scompare il desiderio, si brucia la passione e non rimane più nulla.
Così velata, gli sguardi circostanti sembrano aver dimenticato chi fossi fino a qualche istante prima. Mi ripensano, sembrano immaginarmi nuovamente, come se quei veli rimettessero tutto in discussione. Aldilà della reale fisicità, la vera gloria, l'indice della passione, è potersi immaginare di essere il prescelto, colui il quale potrà sollevare quell'involucro misterioso, e possedere infine ciò che gli altri non ricordano già più ma possono solo sognare.
Ad Aqaba, l'immaginazione muore sotto i colpi di modernità ed emancipazione. Il trofeo non è più il desiderio sfrenato, il sogno carnale di immergersi in un qualcosa di unico e incondivisibile. Sono canottiere slabbrate che lasciano intravedere a più occhi una sensualità schiacciata da menefreghismo. Le dimensioni dei corpi si misurano col metro del confronto tra Oriente ed Occidente. I turisti rivendicano la civiltà. E io ricordo Yasser e il suo ghigno irriverente. Non ha nulla di cui preoccuparsi. Vive di albe, tramonti, deserto, animali e feste in una famiglia che conta circa cinquecento membri. "Oggi sono in ferie. Domani non so ancora cosa farò. La vita è troppo breve. Siamo noi a complicarcela ma lei è semplice. Smetti di pensare e goditi l'attimo". Ride. Tutti i beduini ridono, anche mentre si lanciano da una torre all'altra del Monastero, a una trentina di metri dal suolo, rischiando la vita.
Penso a tutte le voglie e i bisogni indotti della nostra società, a questi bambini che, a pochi anni, già cavalcano i muli e la vita con una destrezza che nessuno mi insegnerà mai nella mia società. Passerò probabilmente tutta la mia esistenza a lavorare, arricchendo qualcun altro, e vistando Paesi per una manciata di giorni all'anno, sentendomi così la parte civile che può spendere soldi in vacanze, lussi, comodità. Forse mi andrà bene, se avrò fortuna non dovrò lottare troppo per sopravvivere. Ma è una roulette, una speranza. È l'illusione occidentale.
I beduini ridono. Forse dopo il tramonto ci sarà un barbecue nel paese vicino a Wadi Mousa. Si accenderanno candele attorno al Tesoro. Le stelle apriranno la ferita nella roccia del siq. Qualcuno canterà e suonerà. Vorrei esserci anch'io. Mi sembra di respirare la libertà. In quel momento, sono accaldata dalle ore trascorse a camminare su e giù per Petra, sporca, aggredita da pulci, spettinata, assetata, stanca. Eppure l'inferno ha il sapore dell'occidente. Il benessere è una prigione, la moneta di scambio con la quale vendiamo la nostra libertà. Avere tutto significa non avere più nulla perché per avere tutto, ci priviamo del tempo di vivere. Ci rimangono poche ore al giorno, pochi giorni al mese. Pochi saranno gli istanti per i quale sentirò che sarà valsa la pena di aver vissuto.
Non vorrei più tornare a casa.
Ad Aqaba il sole di mezzogiorno si riflette in un mare cristallino e terso.
Abbagliata, chiudo gli occhi e sogno.
Le grida in spiaggia si trasformano, evocando falò lontani e feste, nella notte senza luna, a Petra.
Sento nostalgia del deserto.
Di tutto ciò che non sono.
E di mani che mi dipingono di nero.
Posted by Marina_Calypso 10:29 Archived in Jordan Tagged petra araba
Quanto ci costa in termini di essenza ciò che noi occidentali chiamiamo progresso?
by Silvia Ruggeri