A Travellerspoint blog

I versi dell'amore all'ombra della luna

Addio Shiraz, di bianco vestita

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Una delle prime domande che gli iraniani mi pongono, subito dopo essersi presentati è "pensi ancora che siamo davvero come ci dipingono le televisioni?"

Me lo chiedono in tanti, giovani e anziani, ed ogni volta con espressione affranta, segno che Huntington probabilmente aveva torto. Nel Paese dove si registra il più elevato numero di interventi di chirurgia estetica al naso, niente scontro di civiltà: il desiderio di apparire occidentali è tanto forte quanto la paura di una dittatura che ricatta un popolo timorato di Dio. Me lo racconta un giovane iraniano incontrato per caso, studente di letteratura inglese che sogna di vivere altrove, lontano da chador, hijab e leggi molto discutibili, capaci di gettare nel buio medioevale un Paese ricco di storia e tradizioni oramai soffocate.

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Il contrasto, tra le imposizioni del regime e la voglia di libertà, è ancora più forte a Shiraz, patria di due famosi poeti, Sa'adi e Hafez. I loro mausolei si trovano incastonati in giardini ricchi di rose, fontane e cipressi. Al calare della sera, i giovani iraniani vengono qui per conoscersi e corteggiarsi, all'ombra della luna riflessa nelle acque turchesi. Non possono né toccarsi né baciarsi ma possono decantarsi versi d'amore, come in un antico rituale cortese degno di Leyla e Majnun. Vi assisto incantata.

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Fuori dal parco, un indovino lascia che il suo pappagallino estragga da un mazzo un bigliettino per me. Sul foglietto è descritta in breve la mia storia attuale e una poesia d'amore mi riempie il cuore di gioia.

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Sono gli ultimi istanti prima che arrivi la neve.

"Vorremmo essere come voi" mi dice il giovane studente. Ci reprimono, ci soffocano.
Me ne rendo conto quando la polizia interviene a fermare una guerra a suon di palle da neve, per strada.
Divertirsi, qui, non è concesso.

Ma ci si può amare con frasi piene di passione e col desiderio di trovarsi e non lasciarsi più. Giovani sognatori dell'amore.

(E quando lascio il parco di Hafez a notte inoltrata, sospiro pensando a questi amori senza tempo, che cercano di oltrepassare i confini dell'odierno per diventare passioni eterne, per me, gli unici amori per i quali valga la pena di vivere).
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Posted by Marina_Calypso 12:47 Archived in Iran Comments (3)

Una tempesta di neve a Shiraz

Clandestina in Iran

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Non piove mai qui a Shiraz.
La città soffre, da sempre, a causa di una forte siccità che ha reso celebri i suoi giardini come punto di incontro estivo, quando la temperatura sale e le strade sono impraticabili.
Come tutte le città persiane, anche Shiraz sopravvive grazie ai "qanat", canali sotterranei che trasportano l'acqua dalla montagna fino alle case della città.
E se non piove mai, la neve è un evento talmente raro da far gridare al miracolo.
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I primi fiocchi si tramutano in bianco stupore sul volto del giovane a cui chiedo uno strappo fino all'hotel.
Per me significa, invece, volo di rientro cancellato e due giorni o più di permanenza in questo Paese.

Il mio visto è scaduto.
Da ieri notte, sono ufficialmente una clandestina in Iran.

Posted by Marina_Calypso 23:00 Archived in Iran Comments (0)

Persepoli, Pasargadae, Nasq-e Rostam

overcast
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A un'ora di strada da Shiraz, si trova il sito archeologico della mitica Persepoli, seconda capitale dell'impero achemenide, successiva a Pasargadae.

Contrariamente a quanto si può pensare, non era un luogo destinato ad essere usato in maniera permanente ma solo saltuariamente, durante alcune celebrazioni annuali. Si di che che la sua costruzione non fu terminata a causa del saccheggio da parte di un furioso Alessandro Magno, intento a rivendicare il sacco di Atene, anche se si mormora che la vera causa della distruzione della capitale fu un disastroso terremoto.
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Tanti sono i misteri attorno a questo luogo, costruito da schiavi retribuiti e da artisti influenzati da altre civiltà, in particolare quella babilonese. I rilievi indicano che i visitatori provenivano da molto lontano, alcuni hanno fattezze prettamente africane.
Lo esploro in lungo e in largo ma qualcosa di questo luogo mi sfugge.
Capisco solo dopo che il sito è rimasto praticamente inutilizzato: non ci sono segni di vita, gradini consunti, granai con macine o forni. È una città fantasma.

Salgo fino alla collina dei morti, dove si aprono, scavate nella roccia, alcune tombe. Sono sola, tira un leggero vento. Uno stormo di corvi sorvola il cielo in danze.
La vista è impagabile.

Riparto in direzione nord-ovest.

Poco lontano si trovano, ancora un volta scavate nella roccia a forma di croce, le tombe dei re Achemenidi: Dario I, Serse II, Artaserse I e Dario II. Un luogo di una bellezza profondamente mistica, dove il silenzio dovrebbe regnare incontrastato.
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Le tombe non sono visitabili al loro interno, per quanto sarei disposta a qualunque cosa, persino arrampicarmi a mani nude sulla roccia, pur di potervi accedere.

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Sosto in un angolo a meditare. Osservando una scena tra turisti -pochi, pochissimi, in questo angolo di mondo- rivedo una scena della mia vita e rifletto, senza rendermene conto, sul titolo di questo blog e sulle motivazioni per le quali sentivo il bisogno di partire.

Ripenso alle scelte mancate, mie ed altrui, le aspettative, i desideri, i modelli a cui conformarsi, le occasioni che mi ero negata. Ho sempre fatto il contrario di ciò che avrei voluto davvero e l'ho fatto per dispetto o per carenza di affetto, per accettazione o approvazione. E quando il dolore mi è capitato tra capo e collo ho visto le scelte che non ero stata, quello che sarei potuta o voluta essere ma che, per ottusità o insicurezza, avevo evitato, potevo decidere di affrontare il tutto con la rabbia delle occasioni mancate o con la forza di chi non vuole più essere diverso da se stesso. Avevo scelto la prima strada, nella confusione. Poi sono partita, prima ancora di prendere un aereo, per stabilire che volevo essere solo ciò che sono e che amo e che non volevo più essere una scelta mancata.

Passa un dromedario bardato di campanacci e fiocchi, con due bambini in groppa spaventati ma sorridenti.
Mi sembrano proprio una metafora della mia vita.

Proseguo per Pasargadae e ciò che resta di questa prima capitale del regno achemenide.
È quasi l'ora del tramonto e la tomba di Ciro il grande svetta indisturbata da quando gli arabi invasori la risparmiarono perché convinti che fosse la tomba della madre di Salomone.

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Il sito è enorme ma i resti portati alla luce finora sono pochi. Una vasta pianura piena di verità sotterrate.
Il freddo penetra nelle ossa.
Sono a 1800 metri di altezza. C'è ancora la neve nei campi attorno.
Esploro quanto possibile e mi rimetto in cammino.
Verso Shiraz.
Spunta uno spicchio di luna e dietro di lei sorge brillando anche Venere.

Posted by Marina_Calypso 11:39 Archived in Iran Comments (0)

Nostalgia di Isfahan

Sulla strada per Shiraz

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Sulla via della seta, già a deserto inoltrato, è profonda la nostalgia per Isfahan e i suoi fasti, con le moschee turchesi, i ponti in pietra e i bazar di stoffe dipinte a mano, lapislazzuli, ambre e meravigliose miniature.

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Oggi mi aspettano dieci ore di autobus per raggiungere Shiraz, dove visiterò Persepolis e Pasargade.

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Sulla strada si alternano paesaggi meravigliosi di canyon e pianure infinite e solitarie. Mi fermo in un paesino per mangiare qualcosa. Poche anime, probabilmente di origine afgana, cuociono la carne su graticole carbonizzate e impolverate di deserto, su bidoni di metallo, lungo la strada.

La proprietaria entusiasta -l'ultimo straniero passato di qui doveva essere iracheno, circa vent'anni fa- mi fa un video col suo telefonino.

Poco più avanti, incontro un venditore di piume di pavone. Per 50 centesimi ne vende due. Sarà lunga la sua giornata.
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Anche la mia. Di ritorno sul bus, sulla via per Shiraz.

Posted by Marina_Calypso 20:47 Archived in Iran Comments (1)

In viaggio verso l'Afghanistan e la neve nel deserto.

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Anno nuovo e un viaggio nel deserto, in direzione Afghanistan. Da Kerman, due ore di strada con sosta a Rayen per una visita alla fortezza, e poi altre tre ore e mezza di montagne ricoperte di neve, tra gole rocciose e capanne di fango costruite da umili pastori, di pecore dal pelo lungo e dal muso nero. Un viaggio che prosegue lungo un corridoio di asfalto tra mari di dune e oasi di palme da dattero, per osservare il sole tramontare oltre i pinnacoli sabbiosi del deserto iraniano.

Immense vastità di milioni di granelli color senape che si aggregano in repentine pareti scoscese, erose da venti casuali. In estate, il punto più caldo dell'Iran. All'orizzonte, in direzione nord, la minaccia di un temporale che, a breve si trasformerà in una tempesta di neve nel deserto; a sud, in direzione Pakistan, alcuni giovani ravvivano un falò attorno ad una moltitudine di tende colorate.

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Corro disperata su un pinnacolo di sabbia per aggrapparmi agli ultimi stracci neri del cielo.
Scie luminose di rosa e arancio per terminare questa giornata.
Sono sola.
Inspiro, espiro.

Libertà.

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Ho danzato nel deserto, felice.

(Evidentemente, da piccola dovevo aver chiesto la luna ma, non potendomi accontentare, la fata mi deve aver concesso la possibilità di conservare per sempre un cuore da fanciulla)

Posted by Marina_Calypso 10:41 Archived in Iran Comments (4)

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